I MORMONI

E LA SCOPERTA PERDUTA

 

di Luciano Cattaneo

 

 

"Noi crediamo nel raduno letterale di Israele e nella restaurazione delle dieci Tribù; che Sion sarà edificata sul continente americano;..."

No, non è un'esaltazione politica o fideistica del popolo ebraico, ma semplicemente il 10° articolo di fede della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni: dei Mormoni, tanto per intenderci.

Perché ci siamo occupati di questa setta religiosa che ha come testi sacri la Bibbia ed "Il Libro di Mormon"?

Tralasciando una comparazione di carattere religioso, senza dubbio interessante ma momentaneamente estranea ai nostri intenti, abbiamo trovato nel suddetto Libro di Mormon molte narrazioni di eventi strani e prodigiosi che a buon diritto possono entrare a far parte di un'analisi clipeostorica, nonché contribuire alla chiarificazione di alcuni enigmi archeologici.

Diciamo subito che "Il Libro di Mormon" è la traduzione di antiche iscrizioni su tavole d'oro, ritrovate in America, effettuata nel 1829 dal profeta di questa nuova religione, Joseph Smith.

Queste tavole narrano la storia di varie emigrazioni degli Ebrei dalla Palestina verso l'America, la prima al tempo della costruzione della biblica Torre di Babele, poi ancora dopo la distruzione di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor.

Ed è appunto da questo episodio biblico, avvenuto nel 10° giorno del quinto mese dell'undicesimo anno del re Sedechia di Giuda (2- 3 agosto del 607 a.C.), che la tradizione mormonica si innesta al testo biblico cominciando a narrare del viaggio intrapreso da ebrei, sfuggiti alla deportazione in Babilonia, verso una nuova terra, oggi dai Mormoni identificata con l'America, e continuando poi a parlare delle varie lotte intestine, sorte in seguito alla colonizzazione, fino a circa il 421 d.C., anno della definitiva stesura delle tavole e del loro occultamento.

Concludendo avremmo quindi con "Il Libro di Mormon" una storia di ebrei americani lungo l'arco di tempo di circa mille anni, storia incisa su tavole metalliche in una lingua...

"...coi caratteri da noi chiamati l'Egiziano Riformato, che ci sono stati trasmessi e da noi alterati secondo la nostra lingua. E se le nostre tavole fossero state abbastanza grandi, avremmo scritto in Ebraico, ma la lingua ebraica è stata pure da noi alterata: se avessimo potuto scrivere in Ebraico, ecco, non vi sarebbero state imperfezioni nelle nostre scritture."

(Morm. 9: 32-33)

Abbiamo detto "avremmo", perché della reale esistenza e veridicità delle tavole non ci rimane oggi che la testimonianza scritta di alcuni adepti, in quanto Smith fu costretto a restituire il materiale tradotto allo stesso "messaggero celeste" che l'aveva precedentemente condotto sul luogo del ritrovamento.

Sembrerebbe quindi che l'analisi approfondita del testo non abbia alcun fondamento scientifico, purtuttavia la lettura di alcuni passi presenta numerosi punti oscuri che non trovano una chiara e limpida interpretazione, neanche se le tavole stesse fossero in realtà state scritte nel 19° secolo.

Abbiamo detto che la narrazione "storica" delle vicende degli "ebrei americani" s'inizia intorno al 600 a.C. quando...

" ... all'inizio del primo anno del regno di Sedechia, re di Giuda... vennero molti profeti, che chiamarono il popolo a fare penitenza: se no la grande città di Gerusalemme sarebbe stata distrutta."

(1 Ne. 1: 4) (Cfr. 2 Cron. 36: 15-16)

Il più famoso di questi fu, come sappiamo, Geremia ed ecco che ad un suo contemporaneo, Lehi...

"...mentre pregava il Signore, apparve una COLONNA DI FUOCO che si fermò su una roccia davanti a lui..."

e Lehi..

"..vide ed udì molte cose, le quali lo fecero tremare in tutto il suo essere."

(1 Ne. 6)

In seguito a questa prima visione fu poi ordinato a Lehi di partire per il deserto, ove dimorò con la sua famiglia abbastanza a lungo, fino a quando un mattino.....

"...mentre si avvicinava alla porta della tenda, vide con grande sorpresa, a terra, una sfera curiosamente lavorata: ed era di bronzo fino. E nella sfera erano due lancette una delle quali indicava la direzione da prendersi nel deserto."

(1 Ne. 16: 9-10)

Ma le proprietà di questa "sfera direttrice", sembrano essere superiori a quelle di una normale bussola, in quanto..

"...io, Nefi, vidi allora che le lancette indicatrici che erano nella sfera operavano secondo la fede, la diligenza e l'attenzione che noi davamo loro. E vi erano scritte sopra nuove parole, facili da leggersi.... e le parole scrittevi cambiavano di tanto in tanto."

(1 Ne. 16: 28-29)

Quale strumento straordinario aveva dunque fra le mani il povero Nefi: una telescrivente, un contatore digitale o addirittura un traduttore simultaneo del pensiero che permetteva lo scambio di informazioni e di dati quando era momentaneamente assente la voce della "colonna di fuoco"?

Dopo una lunga e faticosa marcia nel deserto verso oriente, Nefi ed i suoi arrivarono ad una terra chiamata Abbondante e videro il mare da loro chiamato... "lrreantum che per interpretazione significa Grandi Acque".

Ed avvenne che il Signore disse:

"Tu costruirai un vascello secondo il modello che ti mostrerò, per poter trasportare la tua gente attraverso le acque."

(1 Ne. 17: 8)

La costruzione del vascello durò circa un anno e dopo infinite peripezie, non escluso l'ammutinamento durante il quale la "sfera direttrice" sembrò non funzionare finalmente giunsero alla terra promessa.

Se seguiamo l'ideale itinerario di Nefi, suggeritoci dai Mormoni, il luogo del probabile sbarco sarebbe stato l'attuale Perù; in definitiva, partendo dal golfo di Aden le navi nefite avrebbero raggiunto l'America doppiando a sud l'Australia con l'inevitabile accostamento al polo antartico: ciò spiegherebbe il mancato funzionamento della bussola.

 Il prosieguo del racconto è una cronaca dalla successiva colonizzazione e delle inevitabili guerre fra le colonie stesse, finché, fra il 29 ed il 130 a.C. (sempre secondo la cronologia mormonica) una spedizione di Nefiti scoprì il popolo di Zarahemla anch'esso...

"... partito da Gerusalemme al tempo in cui Sedechia, re di Giuda, fu deportato in Babilonia."

(Omni 15)

L'incontro fu evidentemente gradito da ambedue le parti perché il popolo di Zarahemla e quello dei nefiti si unirono sotto il re Mosia.

Ed ecco che a questo re un giorno...

"...venne portata una grande pietra con sopra delle incisioni, ed egli interpretò le incisioni per dono e poteri divini."

(Omni 19)

La pietra e le scritture davano tra l'altro un breve resoconto delle imprese degli antenati: i progenitori infatti...

"...erano venuti dalla torre al tempo in cui il Signore confuse le lingue dei popoli."

(Omni 22)

Riportiamoci dunque indietro nel tempo con un salto di ben duemila anni al momento in cui...

"...il Signore li spartì da quel luogo per tutta la terra."

(Genesi 11: 9)

Quello che accadde in seguito a quanto riportato in questo enigmatico ed isolato versetto della Bibbia sembra essere ben spiegato nel "Libro di Ether", parte integrante del Libro di Mormon, dove viene descritta la prima emigrazione verso l'America da parte del sedicente e non meglio identificato "Fratello di Giared".

In questo libro c'è un'evidente ripetizione di quanto già considerato, ma con una dovizia di particolari che ci sembra doveroso riportare.

Innanzi tutto la costruzione delle "barche" piccole e leggere:

"...erano costruite in modo da essere perfettamente stagne, e potevano tenere l'acqua come fossero dei vasi; il fondo ed i lati ne erano impermeabili, come un recipiente e le estremità erano appuntite; il ponte ne era appiattito e ben saldato; la lunghezza, quella d'un albero, e la porta una volta chiusa non lasciava passare acqua.

Ed il Signore disse al Fratello di Giared: ecco farai un foro in alto, ed uno sul fondo e quando soffrirete per mancanza d'aria tu aprirai il foro e riceverai aria.

E quando le acque ti raggiungeranno tu tapperai l'apertura per non perire nei flutti...voi sarete come una balena in mezzo al mare...però vi farò di nuovo risalire dalle profondità del mare...".

(Ether 2: 17)

La descrizione di queste strane imbarcazioni, completamente prive di qualsiasi velatura, sembrerebbe chiaramente alludere a dei sottomarini: leggiamo infatti più avanti:

"...quando erano seppelliti nelle profondità del mare l'acqua non poteva nuocere loro, perché le loro imbarcazioni erano perfettamente stagne ed ermetiche, come l'Arca di Noé...".

(Ether 6: 7)

Ma più misterioso ed importante sembra essere il problema posto dal Fratello di Giared al Signore sull'illuminazione interna delle imbarcazioni:

"Allora il Fratello di Giared (ed il numero delle barche costruite era di otto) si recò sulla montagna da essi chiamata il Monte Shelem, per una grande altezza e tagliò dalla roccia sedici piccole pietre; ed erano bianche e chiare come vetro trasparente;... ed ecco che il Signore stese la sua mano e toccò le pietre una ad una con il suo dito... ed il Fratello di Giared scese dal monte e ripose le pietre nelle barche che erano allestite, una ad ogni estremità ed ecco che esse illuminarono l'interno delle imbarcazioni;...".

(Ether 3: 6)

Non vogliamo lasciarci qui trasportare da facili allusioni a tecniche moderne, ma le pietre stesse e la loro "attivazione" sembrano avere delle notevoli analogie con le odierne reazioni nucleari prodotte artificialmente.

Vorremmo concludere questa breve analisi del Libro di Mormon cercando di mettere in risalto alcune scoperte archeologiche che sembrano, seppur vagamente, confermare la presenza nelle Americhe di civiltà di origine semitica.

Innanzitutto una precisazione: la tecnica di incisione su tavole metalliche (in particolare d'oro) non è un'illazione estemporanea del "profeta" Joseph Smith, ma ha avuto conferme archeologiche non indifferenti dal 1829 ad oggi.

Basti ricordare la tavola d'oro trovata a Persepoli nel 1961, incisa a caratteri cuneiformi, che risale ai tempi di Dario II e le tre lamine d'oro (con testi in punico ed etrusco) ritrovate durante gli scavi condotti fra il 1963 ed il 1964 a Pyrgi Veteres.

Sono inoltre già noti i tentativi fatti per dimostrare fa possibilità di traversate oceaniche, anche a bordo di semplici imbarcazioni di papiro quindi non ci dilungheremo sull' argomento: ma è doveroso ricordare l'impresa marina di circumnavigazione delle coste africane compiuta dai Fenici, su ordine del faraone Neco II, negli stessi anni in cui avveniva l'emigrazione di Nefi e cioè intorno al 600 a.C..

 

 

Il supporre che qualche nave, in quello od in altri viaggi, misteriosamente guidata, sia stata sbattuta sulle coste dell'America centrale, deponendovi una schiera di naufraghi che conservavano vivo il ricordo delle grandi azioni egizie (ricordo tramandato poi di padre in figlio) potrebbe essere una delle tante spiegazioni sulle similitudini costruttive riscontrate fra l'Egitto e l'America precolombiana.

Un esauriente anche se soggettivo elenco di queste analogie e stato compiuto da Milton R. Hunter nei due volumi "Archeology and the Book of Mormon".

Forse ciò che più colpisce è il volto, sicuramente semita, di un uomo barbuto ritrovato scolpito in un bassorilievo a Chichen Itza nello Yucatan.

Molto poi si è scritto sulle vere o presunte iscrizioni fenicie ritrovate un po' dovunque in America: a questa ricerca si dedicò con fede incontrollabile Bernardo da Silva Ramos che ci ha lasciato un elenco di circa 2800 iscrizioni protostoriche ritrovate nella giungla amazzonica, la più importante delle quali rimane, se veritiera, quella di Pedra da Gavea che ci riporta ai tempi di

"Tiro, Fenicia, Badezir, primo nato di Jethbaal...".

Molto ancora ci sarebbe da dire, ma placidamente immersi nel deserto di Nazca sonnecchiano forse i simboli di quelle tribù che "al tempo della Torre" furono sparse, o meglio trasportate, su tutta la superficie della terra.

 

 

da: IL GAZZETTINO di Napoli

1 agosto 1978